Economia
1 ottobre, 2025L’Italia perderà 4,3 milioni di abitanti da qui al 2050. Le cifre sul decremento demografico e le conseguenze devastanti sull’economia continuano a peggiorare
L’effetto-snowball (“palla di neve”) è innescato e non si riesce più a contenerlo. È la vera emergenza del XXI secolo, alla pari del cambiamento climatico e delle minacce alla sicurezza. Le cifre sul decremento demografico e le conseguenze devastanti sull’economia continuano a peggiorare. L’Italia è il caso più vistoso: nel 2024 sono nati 370mila bambini, secondo le stime dell’Istat, un calo del 2,6 per cento rispetto all’anno precedente (circa 10mila nuovi nati in meno), ma rispetto al 2008 parliamo di oltre 200mila nuovi nati in meno. Dai quasi 577mila di allora ai 370mila attuali, un calo del 35,8 per cento. Il numero delle morti (649mila) è in diminuzione rispetto al 2023 (12mila in meno) ma è evidente lo squilibrio. E per il 2025 le proiezioni sono per un ulteriore peggioramento. «L’andamento è in linea con quanto accade nel resto del mondo ma con un’accelerazione più accentuata rispetto agli altri Paesi», spiega Alessandro Rosina, professore ordinario di Demografia e Statistica sociale nella facoltà di Economia dell’Università Cattolica di Milano. In Italia, il “tasso di fecondità” è ormai sceso a 1,19 figli per donna, rispetto a un tasso di ricambio generazionale che non dovrebbe andare sotto i 2,1. «L’Italia – dice Rosina – complessivamente perderà 4,3 milioni di abitanti nel prossimo quarto di secolo, dal 2025 al 2050. Di questi, 3,3 li perderà il Mezzogiorno, dove gli over 65 aumenteranno del 26 per cento (ovvero se ne aggiungerà oltre 1 su 4), mentre la fascia in età lavorativa, dai 20 ai 64 anni, si ridurrà di circa il 30 per cento (ovvero se ne perderà quasi 1 su 3)». Sicuramente l’allungamento della vita media (oggi le aspettative alla nascita in Italia sono di 81,4 anni per gli uomini e 85,7 per le donne) è un’ottima notizia, segno dei miglioramenti nella medicina, la prevenzione, l’assistenza. Ma, proprio perché tutte queste cose costano, e sempre di più, l’esborso economico pubblico aumenta esponenzialmente.
L’aggravamento degli squilibri demografici appare evidente nel rapporto tra nuove generazioni e componente anziana, e le conseguenze negative (meno popolazione significa meno gettito fiscale e contributivo, meno consumi, meno imprenditoria e ricerca scientifica) saranno ovviamente più pesanti nelle aree più deboli del Paese: «Nel Mezzogiorno gli over 65 sono diventati demograficamente più degli under 15 – dice Rosina – già a partire dal 2004, e il ritmo di peggioramento relativo risulta maggiore negli anni successivi. Oggi gli over 65 sono quasi il doppio degli under 15 e tra meno di quindici anni saranno più del triplo, secondo le dinamiche in atto». Un indebolimento dei giovani molto maggiore rispetto alla media internazionale, che andrà «nei prossimi anni e decenni a vincolare verso il basso sia i potenziali occupati sia i potenziali genitori in modo inedito rispetto al passato, con un’esposizione a squilibri crescenti che vanno a peggiorare ulteriormente il quadro demografico economico e sociale del Sud».
A questo punto non sembra destinata ad essere smentita la fosca previsione di Luca Bianchi, direttore generale dello Svimez: «Entro il 2080 il Sud Italia perderà otto milioni di abitanti con una perdita di attività economiche devastante». Le cifre di partenza sono scritte nel rapporto Istat 2025: l’Italia è scesa sotto i 59 milioni di abitanti nel 2024 (eravamo 60 milioni solo tre anni fa), precisamente 58.934.000. Nel corso del 2024, ben 156mila sono stati i cittadini italiani ad espatriare, con un mega-incremento del 36,5 per cento rispetto al 2023. I residenti nati all’estero, infine, erano alla fine dell’anno scorso 5,4 milioni.
Il fenomeno dell’emergenza demografica è mondiale, da est a ovest. «É drammatica la situazione in Cina – riflette Brunello Rosa, docente di macroeconomia alla London School of Economics – dove da qui a metà del secolo è previsto un decremento di 156 milioni di abitanti e dove è arrivata l’onda lunga della politica del figlio unico degli anni ’80». Altri Paesi si difendono come possono: «In Giappone la cura degli anziani viene affidata ai robot. In Germania per consolidare la situazione si è molto migliorata l’istruzione tecnica, e ciò malgrado le agenzie dell’Onu prevedono una perdita del 6 per cento di abitanti, sempre da oggi al 2050. In Francia si è riusciti a migliorare il tasso di fecondità con una valorizzazione delle scuole pubbliche, asili nido compresi, e del welfare in generale».
L’unica eccezione è l’Africa subsahariana dove la popolazione continua a crescere a due cifre, con tutte le preoccupazioni del caso vista l’inevitabile e massiccia emigrazione verso l’Europa che ciò comporta. Ma proprio qui sta la risorsa: «L’unica speranza per temperare gli effetti economici della crisi demografica è un ricorso molto più deciso ai migranti, del resto in linea con le necessità di lavoratori delle industrie oltre che con le moltitudini che bussano alle porte dell’Europa spinte da un vero stato di necessità», commenta Giampaolo Galli, direttore scientifico dell’Osservatorio sui conti pubblici. «Il problema è il gap fra fabbisogno ed effettiva offerta. Secondo i criteri dettati dal Working group of ageing istituito presso l’Economic policy committee dell’Unione europea, sarebbe necessario per l’Italia fornire 490mila permessi di lavoro ogni anno da qui al 2035, più del doppio di quanto previsto dal decreto flussi per il 2025. Dopodiché la necessità sale a 620mila fino al 2050. Il tutto se si vuole conservare la sostenibilità del sistema previdenziale». Ma garantire più accessi regolari e ovviamente assolvere al dovere di accoglienza verso i richiedenti asilo, non basta. E qui il discorso si allarga ad una serie di fattori tutti collegati. «Va urgentemente predisposto un sistema di formazione per i migranti», spiega Chiara Saraceno, sociologa dell’Università di Torino e ricercatrice presso il Collegio Carlo Alberto e il British Council. «Anziché trattarli come intrusi anche quando vivono qui regolarmente da anni, bisogna andare a cercarli nei loro Paesi e, una volta accertate le richieste delle aziende, aiutarli a formarsi per poter vivere e lavorare in Italia». La problematica si allarga ulteriormente: «Va migliorato l’intero sistema scolastico a partire dalla primissima infanzia», spiega la professoressa. «Invece non si è trovato niente di meglio da fare che ridurre gli investimenti del Pnrr per gli asili nido, e rinunciare a qualsiasi intervento organico per ridurre l’abbandono scolastico e finalizzare più compiutamente la formazione a seconda delle esigenze del mercato. Sarebbe un tentativo di scongiurare la crisi demografica molto più efficace dei pochi interventi spot, come i bonus promessi, che vengono di tanto in tanto annunciati. La verità è che il decremento della popolazione non è mai stato inteso come un vero allarme e oggi è tardi per correre ai ripari».
Tutto questo comporta un profondo mutamento dei modelli economici. Spiega Enrico Giovannini, economista di Tor Vergata, già presidente dell’Istat e ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture nel governo Draghi: «Bisogna ripensare con urgenza, per esempio, i modelli urbanistici. Vanno creati dai sistemi di co-working adatti per gli anziani alle piste ciclabili attrezzate anche per la circolazione dei sussidi per disabili. Occorre – dice Giovannini – considerare che la composizione della domanda, fra consumi e investimenti, risente della struttura per età della popolazione. Chi è più vecchio chiede più servizi, non solo sanitari, e domanda meno elementi innovativi. Lo spostamento verso una domanda a più basso valore aggiunto è un elemento negativo per l’economia, che va almeno in parte compensato con una riqualificazione dei quadri sociali più anziani per permettergli di continuare a partecipare alla vita produttiva della nazione». Lo stesso Giovannini ha lanciato “Ecosistema Futuro”, «una partnership per mettere il futuro al centro della riflessione culturale, politica, economica e sociale». Un futuro in cui con la rivoluzione demografica bisognerà in un modo o nell’altro misurarsi.
LEGGI ANCHE
L'E COMMUNITY
Entra nella nostra community Whatsapp
L'edicola
Casa, diritto negato - Cosa c'è nel nuovo numero de L'Espresso
Il settimanale, da venerdì 5 dicembre, è disponibile in edicola e in app



